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Consigli RDI per amici e parenti

Scritto da Sarah Farr, una mamma americana che mi ha dato il permesso di tradurlo.

PREMESSA:  Ho scritto queste regole da sola, non sono un consulente. L’ho fatto prima che mio figlio passasse un lungo periodo di tempo con parenti senza di me. E’ stato fatto su misura per il mio figlio maggiore, che ha 4 anni e mezzo. Probabilmente dovrete modificarlo per il vostro bambino, ma ho cercato di fare un riassunto di quello su cui lavoro ogni giorno.

 ALCUNE STRATEGIE PER AIUTARE [nome del bambino]

 I.          MODELLATE, ma evitate di promptare – desideriamo incoraggiare l’uso delle buone maniere, ma vorremmo che lui lo facesse da solo e non per un prompt diretto.

--Modellate il comportamento o l’abilità sociale desiderata, ma non promptatelo (per es., modellate un “Ciao” ma evitate di dire “[nome], dì ciao” o “[nome], mettiti le scarpe”);

 --Se il prompt è necessario, fate in modo che sia molto indiretto (per es., “oh, è ora di uscire; ho visto dei bambini che si mettevano le scarpe” o “wow, la mamma sta andando via” o “Ho visto la mamma che ti salutava”).

 II.        MENO PAROLE, PIU’ GESTI ED ESPRESSIONI ANIMATE – desideriamo incoraggiare [nome] ad interessarsi ai visi e alle espressioni, non solo alle parole.

 [nome] è verbale ma si appoggia molto alle parole, e questo modo di comunicare lascia fuori altri modi che per noi sono naturali. Desideriamo mettere in evidenza soprattutto la comunicazione non verbale – come si sentono gli altri e cosa stanno facendo notando le loro espressioni facciali e il “linguaggio del corpo”. Alcune terapie cercano di insegnare questo, ma non riescono: deve essere vissuto e deve fare esperienza di questo, in modo che la persona possa avere una motivazione intuitiva e la pratica lo aiuti a notare queste cose in modo naturale.

 --[nome] usa il linguaggio bene, ma a volte non guarda le persone o non legge le loro espressioni;

 --Per aumentare il suo interesse nei visi, usate meno parole, ma unitele a gesti o espressioni che lo facciano pensare a cosa si sta comunicando

 --Non dite MAI “Guardami”, o non promptatelo mai perchè guardi il vostro viso o i vostri occhi. Lui non guarda perchè (a) non ha ancora imparato il valore delle informazioni che può trovare in un viso; e (b) più questo è obbligatorio, più stressante diventa il contatto oculare. Il nostro obiettivo invece non è il “contatto oculare” (che si può ottenere ma che non serve se [nome] non impara niente dal viso o dalle espressioni), ma fare in modo che lui capisca quante informazioni siano contenute nel viso e che voglia “leggerle”.

 --vogliamo motivarlo attraverso piccole interazioni a capire il valore del viso. L’approccio didattico (insegnamento specifico) non funziona, quello che funziona veramente è (a) la comunicazione non verbale (mostrate le espressioni con il viso e non usate parole, esagerate le espressioni facciali, etc.), (b) fare pause abbastanza lunghe tra le vostre parole in modo che lui cerchi il vostro viso per sapere cosa direte dopo (create anticipazione), (c) quando parlate usate meno parole e (d) evitate conversazioni a meno che lui non vi stia guardando o non sia orientato verso di voi con il corpo (regola base – se non vi sta ascoltando attivamente, smettete di parlare e aspettate. Non parlate altrimenti lui può imparare ad ignorarvi e usarvi come rumore di sottofondo).

 III.       USATE LINGUAGGIO DICHIARATIVO OGNI VOLTA CHE E’ POSSIBILE – desideriamo fargli capire che il linguaggio porta all’emozione e allo scambio di esperienze.

 --L’obiettivo è di usare comunciazione dichiarativa (affermazioni che sono fatte per scambiarsi esperienze e non per ottenere una risposta specifica) per l’80% e solo per il 20% o meno la comunicazione imperativa (commenti che dicono o suggeriscono cosa fare, domande, ordini, affermazioni che pretendono una risposta).

 --Limitando le domande e facendo più affermazioni si vuole cercare di stimolare [nome] a fare più commenti conversazionali, invece di farlo rispondere a domande che spesso come risposta hanno un sì o un no.

 --Dichiarativa/non-domanda (“stai facendo un disegno” invece di “Stai disegnando?”, “Che bel cielo blu”, “Mi sento triste”, o “ops, è caduta l’acqua – e ora come la puliamo?”). Imperativa (“per favore pulisci l’acqua caduta”, “puliamo il tavolo”, “ti puoi mettere le scarpe?”).

 IV.       EVITATE DI “RIMANERE FERMI” – desideriamo che [nome] espanda i suoi interessi e vogliamo fargli capire che anche i pensieri e le parole devono essere “messi da parte”.

 --quando è “sovraccarico” o si sente insicuro su cosa fare, [nome] fa cose che conosce bene e spesso non sono produttive (per es., colorare e tagliare una bandiera in continuazione, o scrivere l’alfabeto in continuazione); in modo simile, potrebbe mettersi a ripetere la stessa frase o parola che all’inizio ha fatto ridere, in continuazione e “rimanere bloccato” su questa attività.

 --riconoscete il suo interesse, ma poi ridirigetelo verso qualcos’altro; non diventate parte di esso

 --in modo simile, se fa una domanda che ha già fatto prima, non continuate a rispondere; cercate di non prestare attenzione alla domanda o ricordategli che (a) ha già fatto la stessa domanda prima o magari conosce già la risposta o (b) fate finta di non saperlo. Questo è un tipo di comportamento ripetitivo.

 -infine, resistete alla tentazione di diventare un’enciclopedia ambulante. Sembra assurdo, ma ricordate che non stiamo cercando di capire se [nome] è capace di imparare informazioni. Sappiamo infatti che sa farlo bene e facilmente. Vogliamo invece fargli capire che ci sono due cose importanti: (a) si deve pensare, non accumulare dati, e (b) si deve capire se gli altri sono interessati a quello di cui vuole parlare (cioè se chiede qualcosa che è veramente irrilevante e non interessante, ditegli con garbo che è noioso e che lo ha già chiesto prima, ora basta, etc.– esempio:  “le macchine si fermano quando c’è lo stop?” Lui conosce la risposta, voi sapete che la conosce, ve lo ha già chiesto dieci volte, vi state annoiando. Cercate di evitare la domanda e fategli capire che per voi non è interessante.).

 V.         AIUTATELO NEL “PROBLEM SOLVING” – La frustrazione e le azioni ripetitive di [nome] sono causate principalmente dal sentirsi incompetente nelle cose nuove. Abbiamo quindi bisogno di creare piccole sfide che gli permettano di imparare a risolvere i problemi da solo. Questo gli permetterà di fare pratica e lo aiuterà a capire che se c’è un problema spesso può capire da solo cosa fare o eventualmente chiedere aiuto.

--far finta di non sapere cosa fare e lasciare che sia lui a risolvere il problema creando problemi e dicendo ad alta voce che dovete risolvere un problema (per es.: “oh no! Mi è caduto ...” oppure “uffa, non so come fare ad aggiustare ...”; fate una pausa, aspettate, vedete se ha una soluzione e ve la mostra oppure lavorateci insieme).

VI.       SIATE LA GUIDA – questa è una cosa su cui stiamo lavorando in rapporto uno-a-uno, quindi non è una cosa che potete portare avanti con facilità, ma volevamo comunque informarvi. E’ un tentativo generale di “ripercorrere” una parte dello sviluppo del bambino che [nome] in qualche modo ha perso: cioè seguire la guida del genitore e imparare attraverso il genitore le piccole incertezze nella vita. Nella teoria di Gutstein si parla di relazione “Maestro/Apprendista”. Di base ci sforziamo di creare un’attività o un’interazione dove diventiamo la guida in modo sottile ma chiaro e abituiamo [nome] a (a) cedere una parte di controllo a qualcun altro e vedere quanto può essere divertente interagire con qualcuno che è dinamico e dove lui non deve necessariamente sapere cosa succederà dopo, e (b) permettere che piccoli eventi non prevedibili possano essere aggiunti dal “maestro” (genitore).

Tutto quello che dovete sapere è che stiamo cercando di fare questo. Nelle vostre interazioni con lui, tenete a mente questo punto e vedete se riuscite a sentirvi una guida una parte del tempo, senza sentirvi un dittatore (che è una cosa da non fare) e resistete alla tentazione di fargli fare quello che vuole. Tenete a mente che spesso fare qualcosa e fare in modo che lui si unisca a voi anche solo a guardare è la cosa migliore.

 

Tradotto da Rita Giaquinta

 

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