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Una base biologica per l'autismo

Un team di scienziati specializzati sul cervello alla Carnegie Mellon University e Università di Pittsburgh hanno fatto una scoperta fondamentale per dare una base biologica all’autismo, un misterioso disturbo cerebrale che danneggia la comunicazione verbale e non verbale e le interazioni sociali. Usando la risonanza magnetica funzionale (fMRI), i ricercatori hanno trovato numerose anormalità nell’attività dei cervelli di persone con QI normale che hanno l’autismo. Le nuove scoperte indicano una mancanza di coordinazione tra le varie aree del cervello. I risultati concordano con precedenti scopete su anormalità nella materia bianca nell’autismo (la materia bianca consiste nei “cavi” che collegano le varie parte del cervello tra di loro).

Le nuove scoperte portano gli scienziati a formulare una nuova teoria sulla base dell’autismo, chiamata “teoria della ipoconnettività”, che sostiene che l’autismo è un disturbo cerebrale ad ampio raggio che limita la coordinazione e l’integrazione tra aree del cervello. Questa teoria aiuta a spiegare un paradosso dell’autismo: alcune persone con autismo hanno abilità normali o addirittura superiori in alcune aree, mentre molti altri tipi di pensiero sono disturbati. Lo studio del team sarà pubblicato nell’edizione di agosto del British journal Brain ed è disponibile all’indirizzo www.brain.oupjournals.org.

Nello spiegare la teoria, Marcel Just, uno degli autori che hanno condotto lo studio e direttore del Carnegie Mellon's Center per l’Imaging cerebrale cognitivo, ha paragonato il cervello di una persona normale ad una squadra sportiva dove i membri cooperano e coordinano i propri sforzi. In una persona autistica, anche se alcuni “giocatori” sono bravissimi, non lavorano veramente insieme come una squadra, limitando quindi l’abilità di un autistico a completare compiti intellettivi di ampio livello. Visto che questo tipo di coordinazione è fondamentale per il pensiero complesso e l’interazione sociale, nell’autismo sono toccati un’ampia gamma di comportamenti.

Il team di ricerca crede che questi siano le prime scoperte nell’autismo sulle differenze nei modelli di attivazione cerebrale in un compito cognitivo (non sociale). Lo studio fornisce due nuovi importanti risultati che aiutano a comprendere misteri precedenti: i partecipanti autistici avevano una distribuzione opposta dell’attivazione (a paragone con un gruppo di controllo) nelle due aree principali del cervello relative al linguaggio, conosciute come area di Broca e area di Wernicke. C’era meno sincronizzazione di attivazione tra le aree chiave del cervello nei partecipanti autistici a paragone del gruppo di controllo.

Per ottenere dati fMRI tecnicamente accettabili da partecipanti autistici ad alto funzionamento, I ricercatori hanno fatto arrivare persone con autismo da tutti gli Stati Uniti orientali. I partecipanti con autismo ad alto funzionamento (con punteggi QI nella gamma normale) sono rari, circa il 10% di tutte le persone con autismo. Usando fMRI non invasive, il team ha controllato i cervelli di 17 persone con autismo e 17 soggetti di controllo mentre leggevano e indicavano la propria comprensione di frasi in inglese. Sia nei cervelli normali che nei cervelli con autismo, le funzioni linguistiche erano compiute da simili reti delle aree cerebrali, ma nei cervelli autistici la rete era meno sincronizzata, e un centro di integrazione nella rete, l’area di Broca, era molto meno attiva. Un altro centro, però, l’area di Wernicke, che compie l’elaborazione delle singole parole, era più attiva nei cervelli con autismo.

Sembra quindi che il cervello si adatti a questa minore comunicazione tra aree che si riscontra nell’autismo sviluppando abilità più indipendenti e autonome in ogni centro del cervello. Quindi anormalità nei cavi di comunicazione della materia bianca può portare ad adattamenti nei centri di elaborazione della materia grigia. Questo a volte si traduce in un miglioramento delle abilità autonome o abilità superiori in un’abilità localizzata.

Queste scoperte forniscono agli scienziati e ai ricercatori medici un nuovo modo di pensare alla base neurologica dell’autismo, da considerare quindi come un disturbo distribuito ad ampio raggio piuttosto che cercare di trovare una regione localizzata o un punto specifico del cervello in cui si trovi l’autismo. La teoria suggerisce di effettuare nuove ricerche per determinare le cause dell’ipoconnettività e metodi per trattarla.

Se il problema è l’ipoconnettività, allora si dovrebbe sviluppare una terapia comportamentale cognitiva che stimoli lo sviluppo di connessioni in questi sistemi di ordine maggiore, focalizzando l’attenzione soprattutto sull’emergenza delle connessioni concettuali, linguaggio interpretativo, etc. Infine, si svilupperanno degli interventi farmacologici o genetici per stimolare la crescita di questo circuito una volta che la neurobiologia e la genetica di queste connessioni cerebrali siano chiaramente definite da studi di ricerca simili a questo.

Il team di ricerca è guidato da Just, il Professore Capo di psicologia alla Carnegie Mellon, insieme con Dr. Nancy Minshew, professoressa di psichiatria e neurologia all’Università di Pittsburgh Scuola di medicina e direttore del suo Centro per la Ricerca sull’Autismo. Individui con autismo ad alto funzionamento e sindrome di Asperger tra i 10 e i 55 anni di età che sono interessati a partecipare a studi simili possono mandare una e-mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. o chiamare Nikole Jones al 412-246-5481.

http://www.medicalnewstoday.com/articles/11412.php

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