Stampa

Cos'è l'autismo

Ho preso questa presentazione dell’autismo dal libro “Nella bolla” di Lapo Marini, edito da Erickson. Ho trovato questa parte concisa e completa e l’ho riportata.

L’autismo non è un disturbo con un’unica causa. Sono i limiti delle nostre conoscenze a far sì che si utilizzi la parola “autismo” per definire una ventina e forse più di disturbi e peculiarità di tipo sensoriale, cognitivo-comportamentale, relazionale, tutte con conseguenti difficoltà psichiche, tra i quali non esistono confini precisi. Ce ne rendiamo conto leggendo la letteratura scientifica, oggi riservata a quei pochi che possiedono basi larghe di conoscenza (che vanno dalla neurobiologia alla psichiatria). […]

I disturbi dello sviluppo, noti come autismo, sono caratterizzati da peculiarità che riguardano le interazioni sociali, le competenze comunicative, i comportamenti, gli interessi e le attività. Si va da forme gravi, con impossibilità a parlare e deficit intellettivo, a forme così sfumate da non essere colte se non molto tardi o addirittura confuse con disturbi di tipo nevrotico o infine ignorate del tutto come semplici eccentricità o male di vivere.

Molti di noi hanno in mente, per ragioni cinematografiche, il quadro clinico dell’autismo infantile, una delle forme più severe. Si tratta di bambini simili a quelli studiati da Kanner che per primo descrisse 11 bambini caratterizzati da intensa chiusura relazionale, con apparente disinteresse o mancanza di consapevolezza dell’esistenza di altre persone, incapacità di gioco immaginativo o simbolico, grave perturbazione della comunicazione verbale con ecolalia differita e inversione dei pronomi, ansiosa necessità di mantenere del tutto inalterate le caratteristiche dell’ambiente, e comportamenti ripetitivi. Nella casistica di Kanner questi bambini agivano da ritardati pur dando l’impressione di una normale intelligenza.

In quegli stessi anni Asperger descriveva bambini che avevano caratteristiche simili, con deficit nella relazione interpersonale e nell’espressione delle emozioni e anche nello sviluppo motorio, ma con abilità cognitive e linguistiche sostanzialmente intatte. Eravamo nel secolo appena scorso. Negli anni successivi si creò confusione non solo tra i due quadri descritti ma anche con alcune forme di schizofrenia. Divenne impossibile classificare questi disturbi dello sviluppo tra i ritardi mentali o i deficit intellettivi. Negli anni Settanta, la ricerca permise di cominciare a distinguere l’autismo dal ritardo mentale e dalle psicosi. Tuttavia, ancora negli anni Ottanta c’era chi continuava a confonderli. Mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità considerava l’autismo come un sottotipo di psicosi con origine nell’infanzia, l’Associazione Psichiatrica Americana inseriva l’autismo e condizioni afini nell’ambito dei disturbi generalizzati dello sviluppo.

Solo 25 anni fa, pertanto, l’autismo è stato differenziato dalle psicosi e ha acquisito autonomia nell’ambito dei cosiddetti “disturbi generalizzati dello sviluppo”. Ma questa definizione è traduzione discutibile del concetto di “pervasive developmental disorders”. L’aggettivo “generalizzato” significa “compromissione in tutte le aree dello sviluppo”. L’aggettivo “pervasivo” si riferisce al fatto che il disturbo invade tutte le prestazioni.

A complicare le cose, esiste una grande variabilità individuale. Ciascuna persona con autismo, poi, modifica nel tempo il proprio comportamento (per esempio eccitazione in adolescenza, depressione ossessiva da adulto). La frequenza del disturbo è di 0,9 per cento: 530000 individui secondo le statistiche ufficiali del Regno Unito, ma si tenga conto che molti casi, soprattutto di soggetti anziani che sono quelli meno controllati, sfuggono alle statistiche; la predominanza dei maschi sulle femmine è di 4 a 1. In una percentuale di autistici è presente anche un ritardo mentale, che può essere di entità variabile. Sia nei soggetti ritardati che nei soggetti con normale intelligenza il profilo delle prestazioni è disomogeneo, con aree di grande abilità (ad esempio memoria, calcolo, competenze spaziali) e aree profondamente compromesse. Queste persone sono molto condizionate dall’entità della compromissione cognitiva, manifestano alterazioni del comportamento drammatiche, come iperattività, aggressività verso gli altri e verso se stessi, nelle condizioni più gravi. La regolazione degli affetti è molto primitiva, con acute crisi di angoscia immotivata o attivate da stimoli ambientali normali per gli altri, ma eccessivi per loro. L’umore è mutevole, con imprevedibili oscillazioni dall’apatia all’eccitazione. Sono frequenti alterazioni dell’alimentazione e del sonno.

Registrati

I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi. Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. Per maggiori informazioni.

  
EU Cookie Directive Module Information